LA CARNE COLTIVATA

“Un processo che consente di ottenere carne senza uccidere animali”

La “carne coltivata” è ottenuta da tessuto animale cresciuto indipendentemente dall’animale stesso a partire  da cellule staminali bovine o di pollame, pesce, ecc.

La produzione di questo alimento consiste nel prelevare un piccolo campione di tessuto da un animale, tramite una procedura innocua, moltiplicando poi le cellule che compongono la carne (muscolo, grasso, e tessuto connettivo) in quello che è conosciuto come un coltivatore, simile ai fermentatori utilizzati per produrre la birra.

Si tratta di un ambiente sterile che favorisce lo stesso processo che avviene all’interno dell’animale, garantendo la temperatura adeguata e fornendo i nutrienti di base (acqua, aminoacidi, zuccheri, grassi, vitamine e minerali) per la crescita della carne. Le cellule cresciute sono poi utilizzate direttamente per la produzione di carne macinata, salsiccia, hamburger o altri prodotti simili, oppure sono ulteriormente lavorate per ottenere un tessuto simile a una bistecca o un filetto di pesce. È un processo paragonabile alla coltivazione di piante da talea in una serra. Il risultato è una grande quantità di carne, con composizione e valori nutrizionali potenzialmente identici a quelli della carne prodotta in modo convenzionale.

Si tratta di un prodotto i cui primi esempi non sono ancora disponibili in larga scala e la cui commercializzazione è stata autorizzata al momento solo in pochi paesi come Singapore, gli Stati Uniti e Israele, e che vede interessanti sperimentazioni come quella di The Chicken, un ristorante di Tel Aviv che da diversi anni ormai serve piatti preparati con pollo coltivato ai suoi clienti.

Attualmente sotto analisi dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), la carne coltivata potrebbe permettere di eliminare molti dei problemi dell’attuale produzione di carne, dall’inquinamento alla resistenza agli antibiotici. Inoltre consentirebbe di produrre carne senza uccidere animali.